Gli anni sono passati anche per lui, non solo per gli affezionati spettatori: siamo, questa volta, negli anni ’50, in piena Guerra Fredda e alle prese coi i “cattivi” russi. Il film, intitolato Indiana Jones e il Regno del teschio di cristallo, nasce da uno script di George Lucas, ideatore del personaggio: il coriaceo professore si trova nelle spire della CIA, che sceglie di togliergli la cattedra. La sua nemica è questa volta Irina Spalko, cattivissima agente del KGB esperta di paranormale che vuole mettere le mani sul potere segreto dei leggendari teschi di cristallo apparentemente legati agli extraterresti e ai segreti dell'Area 51.
Il film doveva necessariamente far collimare due necessità: quella commerciale e quella nostalgica, diremmo così, legata ai fan più accaniti, assolutamente da non deludere. In qualche modo ci riesce, pur con qualche buco nell’acqua. La storia appare molto più elaborata rispetto ai vecchi film, con qualche elemento soprannaturale, fantastico, non poi così alieno ai due ideatori ma un po’ stonato rispetto alla tradizione dell’affascinante archeologo: allora si parlava sì di misteri, ma pur sempre fondati su miti e tradizioni (L’arca, il Santo Graal…), oggi si parla invece di extraterrestri. Qualcosa, in poltrona, alla fine non torna.
Il risultato complessivo non è malvagio, e forse questa volta è soprattutto grazie al settantenne (!) Indy-Harrison Ford, sempre in forma e accattivante verso la macchina da presa. A fargli da spalla la sua famiglia e quei siparietti buffi che hanno sempre contraddistinto il ménage: a partire dalla presenza di un figlio (Shia LaBeouf), avuto dalla storica Marion. Cate Blanchett, annunciatissima co-protagonista, si comporta egregiamente come al solito, peccato per il suo personaggio non troppo approfondito.
Passerella applaudita a Cannes e un numero esorbitante di copie piazzate per i cinema del mondo. Scommettiamo nel successo al botteghino. |